Evoluzione del Sound Branding: quando un marchio "suona bene"

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06 Agosto, 2025

Nel 2023, il report Best Audio Brands pubblicato da Amp Sound Branding – agenzia internazionale specializzata nella progettazione e misurazione dell’identità sonora per i marchi globali – ha rilevato che i brand dotati di una sonic identity coerente e strategicamente integrata ottengono risultati sensibilmente superiori in termini di riconoscibilità, memorabilità e associazione emotiva rispetto a quelli privi di qualsiasi struttura sonora. Il dato di punta: un aumento medio del 96% nel brand recall rispetto a contenuti equivalenti privi di firma audio strutturata.

A livello neuroscientifico, è ampiamente documentato che il suono attiva aree cerebrali profonde associate alla memoria episodica e all’elaborazione emotiva. Studi condotti dall’UCL Institute of Cognitive Neuroscience e da Neuro-Insight hanno dimostrato che stimoli sensoriali familiari, tra cui quelli sonori, stimolano l’amigdala e la corteccia prefrontale già entro i primi 200 millisecondi dall’ascolto. Queste aree sono direttamente coinvolte nei processi decisionali impliciti e nel consolidamento mnemonico — un dato essenziale per comprendere l’efficacia dell’identità sonora nel branding contemporaneo.

Restano non verificabili alcune affermazioni frequentemente riportate in contesti divulgativi o di marketing, secondo cui “l’audio supererebbe dell’86% l’efficacia delle immagini”: tali dati non compaiono in alcun articolo scientifico sottoposto a peer-review, né sono rintracciabili in pubblicazioni accademiche affidabili. Quello che invece è certo è il progressivo consolidamento dell’identità sonora come asset di marca per i principali attori globali. Mastercard, Netflix, Intel, McDonald’s, Coca-Cola, Shell e molti altri brand internazionali hanno strutturato architetture audio riconoscibili, misurabili e consistenti su più touchpoint.

La sonic identity, in questi casi, non è un accessorio creativo, ma una componente infrastrutturale della comunicazione.

Evoluzione del sound branding

L’uso strategico del suono da parte dei brand non è una novità, ma una pratica che affonda le sue radici nel primo Novecento, quando le emittenti radiofoniche iniziarono a usare brevi segnali sonori per identificarsi.

Una delle prime forme riconosciute di audio branding risale al 1926: il network radiofonico americano NBC lanciò il suo celebre segnale a tre toni, composto da Oscar Hanson e riconosciuto come il primo audio-logo ufficiale della storia. Questo suono fu brevettato nel 1950 e utilizzato per decenni come firma sonora della rete.

Il jingle I’m stuck on Band-Aid di Johnson & Johnson del 1975, risultava ancora riconoscibile al 91% degli americani intervistati a oltre 30 anni dalla sua uscita.

Negli anni ’50 e ’60, il jingle divenne la forma più diffusa di sound marketing: spot radiofonici e televisivi costruivano l’intera identità comunicativa del prodotto intorno a uno slogan cantato, facilmente memorizzabile. Uno degli esempi più studiati è il jingle “I’m stuck on Band-Aid” (Johnson & Johnson, 1975), che secondo una ricerca Nielsen del 2009 risultava ancora riconoscibile al 91% degli americani intervistati, a oltre 30 anni dalla sua uscita.

Con l’avvento del digitale e l’esplosione dei touchpoint, il jingle ha progressivamente lasciato spazio a forme più sofisticate di identità sonora: short motif, soundscape, UI sound, branded voice. Il passaggio non è solo stilistico ma strutturale, e oggi il sound branding si fonda su un sistema coerente di elementi sonori, pensati per rafforzare il riconoscimento del brand in ambienti non visivi, multicanale e multisensoriali.

Un punto di svolta si registra nel 1994 con l’introduzione del sound logo di Intel – l’“Intel Bong”, sviluppato da Walter Werzowa. Una sequenza di cinque note che oggi viene ascoltata circa 1,2 miliardi di volte al giorno, secondo dati ufficiali Intel.

È l’inizio dell’identità sonora come asset permanente, non più confinata alla pubblicità ma integrata nell’ecosistema digitale del brand. Il suono diventa così materia di design, marchio registrato, strumento di branding strategico. Dal primo jingle radiotelevisivo al riconoscimento sonoro di dispositivi smart, l’evoluzione è documentata e inequivocabile: la brand voice oggi si scrive in partitura.

Anatomia di un’identità sonora

La sonic identità è un ecosistema sonoro modulare, pensato per adattarsi a formati, culture, momenti e dispositivi diversi, mantenendo intatto il timbro emozionale del brand.

L’identità sonora di un brand non è una semplice sequenza musicale. È un sistema modulare, strutturato secondo criteri di riconoscibilità, coerenza cross-mediale e adattabilità. Le principali componenti di una sonic identity — secondo la classificazione fornita da Amp Sound Branding, MassiveMusic e l’Audio Branding Academy — si articolano in almeno cinque elementi distinti: audio-logo, theme music, brand voice, soundscape e UX/UI sounds. Ognuno risponde a funzioni specifiche, e la loro integrazione definisce la maturità sonora di una marca.

Audio-logo

L’audio-logo è la firma breve, in media tra 2 e 5 secondi, pensata per essere riconoscibile in ogni contesto. È il “bong” di Intel o il “ta-dum” di Netflix. Si distingue dal jingle, che ha una durata superiore (fino a 30 secondi) e una struttura melodica spesso cantata, nata in ambito pubblicitario ma oggi quasi abbandonata dai grandi brand globali in favore di architetture più modulabili.

Theme music

La theme music è la componente più estesa e strutturalmente complessa della sonic identity. Non si tratta di un semplice jingle o audio-logo, ma di una composizione musicale completa, pensata per rappresentare il tono emozionale della marca in modo narrativo e modulabile. Viene impiegata in video istituzionali, campagne crossmediali, eventi, attivazioni stagionali e contenuti editoriali branded. Il suo obiettivo è costruire un paesaggio sonoro coerente e immersivo, che rafforzi il riconoscimento e la coerenza dell’universo valoriale del brand.

Coca-Cola ha sempre costruito una strategia musicale strutturata, combinando theme music, sound design e collaborazioni artistiche.

Impossibile non citare I’d Like to Teach the World to Sing (In Perfect Harmony) del 1971: una composizione corale che definì l’archetipo sonoro del brand per gli anni a venire.

Questo approccio venne ripreso nel 2009 con “Open Happiness”, altra theme su larga scala, pensata per veicolare emozioni di positività e connessione globale.

Nel 2016, con il passaggio alla strategia one-brand, Coca-Cola commissionò Taste the Feelingun brano firmato da Avicii e Conrad Sewell — progettato per unificare musicalmente l’intera linea di prodotti.

Nel tempo, Coca-Cola ha trasformato il proprio patrimonio musicale in una vera theme music globale, adattabile e riconoscibile, impiegata nei mercati internazionali e declinata anche nelle campagne natalizie come Holidays Are Coming, integrando la dimensione musicale nel cuore della propria comunicazione emotiva e trasformando il suono in un codice narrativo distintivo e memorabile.


Brand voice

La brand voice si riferisce non al sound design ma alla voce umana associata al marchio: tono, cadenza, dizione e intonazione diventano qui elementi identitari. È l’equivalente vocale del tone of voice testuale, usato per assistenti vocali, call center e interfacce AI. Un caso pionieristico è Alexa di Amazon, la cui voce è stata sviluppata con criteri di neutralità, empatia e autorevolezza misurata.

UX/UI sounds

Infine, i UX/UI sounds costituiscono la grammatica sonora dell’interazione utente: suoni di conferma, errori, transizioni. Apple, Google, Samsung hanno investito ingenti risorse nel progettare sistemi sonori coerenti, basati su principi di chiarezza cognitiva e riduzione della fatica uditiva. Questi suoni — se coerenti con l’identità audio generale — rafforzano la familiarità del brand a livello subconscio.

Nel suo insieme, una sonic identity ben costruita è un ecosistema sonoro modulare, non un jingle di repertorio. È pensata per adattarsi a formati, culture, momenti e dispositivi diversi, mantenendo intatto il timbro emozionale del brand. La standardizzazione di questa pratica ha portato alla nascita, nel 2020, delle Audio Identity Guidelines definite da IAB Europe e della certificazione ISO 12966, che include i principi tecnici dell’audio branding (fonte: IAB Europe – Audio Advertising Standards).

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