La cultura dei meme è un fenomeno che è presente nella nostra società più o meno dalla nascita di Internet. Negli ultimi anni c’è stata una vera e propria evoluzione, causata anche dal fatto che l’intelligenza artificiale ormai è diventata accessibile a tutti.
Ma perché i meme ci piacciono così tanto? Una risposta definitiva forse non esiste. Ma un dato può aiutarci a capirlo: secondo il report “Digital 2024” di We Are Social, l’utente medio trascorre circa 6 ore e 40 minuti al giorno online, di cui oltre 2 ore solo sui social.
Forse è proprio questo il punto: notifiche, news e frenesia quotidiana, abbiamo bisogno di staccare per un attimo e ridere di qualcosa di leggero e stupido. Tornare un po’ bambini ed essere spensierati.
I meme e l’AI: la nascita dei brain rot
I brain rot sono uno dei primi esempi virali di meme e intelligenza artificiale messi assiem
Nati a caso su TikTok, il brain rot è l’unione tra un’immagine generata casualmente da ChatGPT e la creazione di un prompt totalmente casuale.
Brain rot – che, tradotto letteralmente, vuol dire “marciume cerebrale” – significa dare libero spazio al proprio cervello di dire cose totalmente a caso e senza un vero e proprio senso.
Migliaia di utenti hanno creato i propri personaggi, dando vita a delle vere e proprie storyline intrecciate tra di loro, come, per esempio, la storia cappuccina ballerina e cappuccino assassino.
Commercialmente questo trend si è espanso ed è diventato una vera e propria strategia di marketing utilizzata da brand come Ryanair e arrivando a trasformarsi in un album di carte da collezionare. Il termine è stato nominato anche nominato parola dell’anno del 2024 dal dizionario Oxford.
Che cosa vuol dire “Skibidi boppy, Forza Napoli!”?
“Skibidi boppy, Forza Napoli!” è indubbiamente il trend dell’estate. Il meme è nato su TikTok e Instagram, in contemporanea all’uscita di Veo 3: lo strumento di intelligenza artificiale di Google, che permette agli utenti di creare video iperrealistici e difficili da riconoscere anche da un occhio esperto.
“Skibidi boppy! Forza Napoli!” non è solo una frase detta a caso, ma proprio la battuta che ti fa capire che il video che stai guardando è frutto dell’intelligenza artificiale perché solitamente è seguito da un’azione strana o da situazioni che nella realtà non potrebbero mai succedere.
Ma quali sono le origini di questa frase? Alcuni la associano al jazz. Negli anni 20-30 i grandi musicisti del genere come Louis Armstrong e Ella Fitzgerald iniziarono a sperimentare con la voce come se fosse uno strumento, inventando sillabe come “skibidi ba ba” e altri suoni senza significato per improvvisare melodie.
Più recentemente invece, nel 2018 era diventato virale il ritornello “Skibidi wap-pa-pa” della band Little Big, creando un tormentone demenziale.
Nel 2023 spopola sui social la serie demenziale “Skibidi Toilet”, serie ideata dal creator DaFuq!?Boom!, che rende la parola “skibidi” uno slang popolare tra la generazione Alpha.
Perché ci piacciono tanto gli animaletti buffi?
Sarà sicuramente capitato a tutti di imbattersi in meme di gattini o animaletti che fanno cose totalmente nonsense e molto goffe. Ma perché ci piacciono così tanto foto e video di animali carini?
A livello scientifico non esiste una vera e propria spiegazione, guardare meme buffi ci intenerisce e il nostro corpo rilascia dopamina ed endorfine creando immediatamente un mood più positivo e sereno.
È un dato di fatto: tra tutte le strategie di comunicazione, quella degli animali che fanno cose buffe resta imbattibile. Se un video è virale, nove volte su dieci c’è un gatto che cade, un cane che balla o un pappagallo che canta.
Attualmente, tra i contenuti più virali del momento, spopolano i gattini e le anatre che spiegano in maniera molto semplice malattie mentali, disturbi della persona e semplici emozioni usando un lessico molto semplice e comprensibile.
I meme come strategia di marketing
Il meme marketing è una delle strategie più utilizzate dai brand per avvicinarsi ai giovani.
Dietro ogni video virale, c’è sempre un social media manager pronto a trasformarlo in un contenuto perfetto per il proprio brand.
In un’intervista pubblicata su Ad Age, Maggie Walsh, Head of Strategy di Glow, sostiene che: “I meme non sono più solo un linguaggio di internet: sono diventati una vera e propria valuta culturale dominante, parte integrante delle strategie di marketing e comunicazione di un brand“.
In altre parole, i meme nati come un’estetica giocosa e poco seria, sono ormai diventati un modello di business strutturato, in grado di generare profitto attraverso la vendita di corsi, prodotti brandizzati e contenuti sponsorizzati.
Il chiaro esempio di questa affermazione è il fatto che il “franchise” dei brain rot sia diventato una vera e propria macchina del profitto che si sta espandendo in varie aree.
Dai materiali per la scuola, agli album per figurine, fino al recente debutto in Perù dello spettacolo “El Concierto Oficial de los 𝗕𝗥𝗔𝗜𝗡𝗥𝗢𝗧𝗦 𝗜𝗧𝗔𝗟𝗜𝗔𝗡𝗢𝗦”.
Uno spettacolo con coreografie e canzoni, che comprende tutti i personaggi più iconici e amati. Lo show è spopolato in Perù e i biglietti arrivano a costare anche 150 soli peruviani che equivalgono all’incirca a poco più di 35 euro.
C’è da chiedersi quanto sia positivo per un meme essere trasformato subito in una strategia di marketing. Forse il fatto che tutto diventi un contenuto pubblicitario fa perdere un po’ la magia e il divertimento e va in un certo senso contro al concetto originale dei meme.