Politica e aziende non dovrebbero essere vincolate, ma spesso i brand scendono a compromessi per ottenere maggiori finanziamenti o trattamenti di favore. Con l’insediamento del governo Trump, numerose aziende hanno fatto un cambio di rotta, rinnegato alcune posizioni prese negli anni precedenti. Questo ha generato reazioni differenti tra i vari consumatori di fazioni politiche diverse, dando così il via a boicottaggi.
American Eagle e il caso Sydney Sweeney
Lo storico brand American Eagle è attualmente al centro delle polemiche per il suo ultimo spot che vede protagonista l’attrice Sydney Sweeney.
La pubblicità si ispira alla campagna di Calvin Klein con protagonista una giovanissima Brooke Shields, che già all’epoca aveva generato delle polemiche.
La polemica nasce perché la storica azienda di jeans ha scelto di utilizzare come claim “Sydney Sweeney has good genes”, in riferimento all’aspetto fisico dell’attrice di Euphoria. Lo spot non è andato giù ai più, che hanno definito le immagini come classiste, arrivando a muovere nei confronti del marchio accuse di razzismo ed eugenetica.
“Genes” e “jeans” è un gioco di parole voluto, ma in un’epoca dove la diversità è sempre di più minacciata e limitata, la scelta di questa campagna da parte di un brand storico americano simbolo degli Stati Uniti, è stata vista in maniera negativa poiché strizza molto l’occhio ad un mood conservatore e repubblicano.
Il caso si è ingigantito ancora di più quando, dopo un’inchiesta di Buzzfeed, si è scoperto che Sydney Sweeney è effettivamente iscritta al partito repubblicano, confermando le voci che erano già circolate negli anni precedenti. Lo stesso presidente Trump ha acclamato la campagna, definendo l’attrice come una bellezza classica americana ed elogiando il suo essere repubblicana.
Sydney Sweeney non ha mai risposto pubblicamente alle polemiche cercando di non alimentare ulteriormente il dibattito. Nonostante queste controversie, le azioni di American Eagle sono letteralmente decollate registrando un +23%.
Quasi in risposta allo spot di American Eagle, a poche settimane di distanza è uscita la nuova campagna pubblicitaria della GAP, intitolata “Better in Denim”.
Le protagoniste sono il gruppo pop tutto al femminile Katseye, molto popolari tra i giovani Gen Z e Gen Alpha.
I ballerini hanno sia etnie che fisicità differenti, un inno all’inclusività che è tanto odiata dai più conservatori.
Anche la scelta della canzone, Milkshake di Kelis, non è casuale. Il ritornello della canzone recita “Better than yours”, che può essere letto come una frecciatina alla campagna dello storico competitor American Eagle.
Le politiche di diversità durante il governo Trump
Una delle prime mosse fatte da Trump dopo il suo insediamento alla Casa Bianca è stato firmare un ordine esecutivo che prevede un ampio smantellamento dei programmi di diversità e inclusione del governo federale, tutto il contrario di quello che era stato fatto durante l’amministrazione precedente.
Brand come Amazon, Meta, Google, Target e Ford, hanno deciso di allinearsi con l’amministrazione Trump e di non aderire più al DEI (Diversity, Equity, Inclusion and Accessibility), programma che comprendeva una serie di pratiche aziendali pensate per garantire pari opportunità a tutti, a prescindere dall’etnia, dal genere, dall’orientamento sessuale o dalle disabilità.
Questo dietrofront è un vero e proprio caso di rainbow-washing perché interrompe anni di campagne per l’inclusione e finanziamenti – anche con ingenti somme di denaro – a programmi di inclusività e ai vari Pride.
Il potere degli influencer MAGA nella politica e nei consumi
A decidere se un’azienda è davvero in linea con i valori repubblicani e trumpiani, sono molto spesso gli influencer MAGA.
Questi creator fungono da veri e propri intermediari tra il pubblico e la politica, presentandosi come voci genuine del popolo, che raccontano la verità distanziandosi dai media mainstream e alimentando così il concetto del “noi contro loro”.
Negli ultimi anni sono state numerose le campagne di boicottaggio guidate dagli influencer repubblicani. Una delle più famose è sicuramente la collaborazione della Bud Light con l’influencer transgender Dylan Mulvaney, che aveva generato un’enorme reazione negativa da parte di alcuni consumatori e politici conservatori.
Bud Light ha subito un calo delle vendite e ha perso il suo storico status di birra più venduta negli Stati Uniti, riuscendo a redimersi solo dopo due anni.
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L’influencer marketing ha dimostrato di essere una leva potentissima, capace di plasmare mercati e orientamenti politici. Donald Trump ha saputo sfruttare al massimo il potere dei social media, trasformandosi egli stesso in un influencer politico di portata globale.
Era da anni che non si vedeva un cambio di rotta così importante nei confronti di un’ideologia, cancellando anni di attività, prese di posizione e programmi di inclusività.