Offline is the new cool: la Gen-Z riscopre il silenzio dei club senza wi-fi e smartphone

Il fenomeno, esploso tra Londra, Berlino e Amsterdam, nasce come forma di ribellione all’iperconnessione costante.

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21 Novembre, 2025

In un’epoca in cui lo smartphone è diventato un’estensione dell’identità, la Generazione Z riscopre il valore del silenzio. Nasce così una controcultura che trasforma l’assenza di connessione in status symbol. Niente feed, niente stories: solo presenza, corpi, sguardi. È l’esperienza dei nuovi offline club, fenomeno in ascesa in Europa, con spazi dove il digitale è bandito e la socialità torna reale. Il fenomeno, esploso tra Londra, Berlino e Amsterdam, nasce come forma di ribellione all’iperconnessione costante. 

Secondo un’indagine britannica del 2024, il 46 % dei giovani tra 16 e 21 anni cancellerebbe volentieri i propri profili social, mentre il 68 % dichiara di sentirsi peggio dopo un uso intensivo delle piattaforme.
In parallelo, gli eventi offline registrano migliaia di presenze, offrendo serate dove si spengono i dispositivi e si riaccende la conversazione.

Non è nostalgia, ma resistenza culturale: una scelta deliberata di “vuoto”, di tempo lento, di realtà tangibile. Una micro-rivoluzione che, paradossalmente, parte proprio da chi è nato con lo smartphone in mano.

Dal digital detox individuale alle comunità offline

L’idea di disconnettersi non nasce nei club, ma nelle abitudini quotidiane di una generazione che ha iniziato a percepire il digitale come un rumore di fondo costante. Già tra il 2018 e il 2020 si diffondeva nei Paesi Bassi e nel Regno Unito il concetto di “digital detox retreat”, esperienze residenziali in cui si rinunciava alla connessione per 24 o 48 ore. 

Nel 2022, dopo la pandemia, la tendenza si è spostata dalle campagne ai centri urbani, trasformandosi in fenomeno collettivo.

La nascita ufficiale degli Offline Club viene fatta risalire al 2023, con i primi eventi organizzati ad Amsterdam da un gruppo di giovani creativi desiderosi di ricreare “spazi sicuri per la mente”. In pochi mesi, il modello si è diffuso a Londra, Berlino e Copenaghen, attirando soprattutto studenti universitari e giovani lavoratori tra i 20 e i 30 anni. 

Secondo i dati raccolti dal network, gli eventi “no-phone” contano oggi oltre 15.000 partecipanti registrati tra Europa e Stati Uniti, con un tasso di crescita del 70 % nei primi sei mesi del 2024.

A differenza dei ritiri digital detox tradizionali, l’esperienza degli offline club non mira al benessere individuale ma alla ricostruzione della socialità reale. I partecipanti depositano i telefoni all’ingresso, siedono in sale con musica acustica, luci basse, cibo semplice, e vengono invitati a parlare con sconosciuti. L’atmosfera è rituale più che ludica, si entra per restare presenti, non per distrarsi.

Anche la filosofia è chiara: la connessione è un atto umano, non una condizione tecnica. Il telefono non è bandito per moralismo, ma per restituire all’attenzione il suo valore relazionale.

Gen Z e digital burnout. Il prezzo psichico dell’iperconnessione

La Generazione Z è la prima a essere cresciuta interamente immersa in un ecosistema digitale, e la prima a manifestarne i sintomi cronici. Diversi studi europei e statunitensi confermano che la saturazione informativa e la costante iperconnessione producono effetti misurabili su concentrazione, sonno e benessere mentale. Secondo un report del Pew Research Center (2023), il 46 % dei giovani statunitensi tra i 13 e i 17 anni dichiara di essere “quasi costantemente online”. In Europa, si evidenzia che il 59 % dei giovani tra 16 e 25 anni riferisce “stress da connessione continua” e “ansia da notifica”.

Il fenomeno non è solo quantitativo ma qualitativo. L’iperconnessione frammenta l’attenzione e altera i ritmi neurobiologici dell’eccitazione e della ricompensa, amplificando i livelli di cortisolo e riducendo la capacità di concentrazione prolungata. Le università di Cambridge e Stanford hanno documentato una correlazione diretta tra uso compulsivo dei social network e aumento del rischio di disturbi depressivi e ansia sociale, con un incremento del 30 % rispetto al decennio precedente.

In questo scenario, gli offline club diventano il laboratorio sociale di una generazione che non rifiuta la tecnologia ma ne misura l’impatto. Il gesto di spegnere il telefono non è un rifiuto dell’innovazione, ma un tentativo di riequilibrare un rapporto sbilanciato: disintossicarsi non dal digitale in sé, ma dal suo eccesso.

I club analogici d’Europa: Ecco come Londra, Berlino e Amsterdam riscrivono la notte

La prima mappa della nightlife “disconnessa” nasce tra Londra e Amsterdam, dove il concetto di clubbing analogico assume i tratti di una vera cultura. Il The Offline Club, fondato nel 2023 nella capitale olandese, è oggi il principale punto di riferimento europeo, con eventi sold out in meno di ventiquattro ore. Il format è semplice e radicale: all’ingresso, i telefoni vengono sigillati in una busta magnetica; all’interno, nessuna musica ad alto volume, nessun DJ set, nessuna connessione Wi-Fi. Solo sedute, letture, conversazioni, musica acustica e luce calda. L’obiettivo dichiarato è “ricreare l’intimità che la rete ci ha sottratto”.

A Londra, il fenomeno assume una forma più ibrida con progetti con eventi pop-up ospitati in locali underground del quartiere di Shoreditch. Qui la disconnessione diventa estetica: le serate alternano arte performativa, talk e improvvisazioni sonore, con regole esplicite – niente foto, niente video, vietato postare. La mancanza di documentazione diventa parte del valore esperienziale: ciò che accade, rimane lì.

Berlino, invece, ha portato la filosofia offline dentro la tradizione clubbing. In diversi locali vengono organizzate le “Offline Nights”, in cui l’ingresso è riservato a chi accetta di depositare il telefono in una cassaforte comune. Le luci sono soffuse, la musica minimale, i tempi dilatati: un esperimento di presenza collettiva che riprende la ritualità dei primi rave ma ne inverte il paradigma, puntando non sull’eccesso ma sull’ascolto. 

Questo nuovo modo di abitare la notte rappresenta una frattura culturale rispetto al consumo frenetico di contenuti e immagini. L’esperienza torna irripetibile, sottratta alla logica dell’archiviazione digitale. Paradossalmente, la mancanza di connessione diventa l’elemento più condiviso, il simbolo di un ritorno alla dimensione umana del tempo.

Disconnettersi per riconnettersi: L’impatto reale degli offline club su mente e società

Dietro il fascino estetico della disconnessione, gli offline club producono effetti concreti misurabili su comportamento e percezione sociale. Diverse università europee hanno avviato studi longitudinali per analizzare il rapporto tra assenza di dispositivi e benessere cognitivo. Una ricerca condotta nel 2024 dall’University College London su un campione di 1.200 giovani adulti ha mostrato che, dopo due ore in ambienti senza smartphone, i partecipanti registravano un aumento del 32 % della capacità di attenzione sostenuta e una riduzione del 27 % dei livelli di ansia auto-riferita. 

Parallelamente è stato evidenziato come la sospensione temporanea della connessione favorisca l’attivazione dei neuroni mirror e migliori la percezione empatica nelle interazioni di gruppo.

Questi dati confermano ciò che le testimonianze raccolte nei club descrivono in termini emotivi: la disconnessione restituisce spazio mentale e tempo relazionale. Le conversazioni durano di più, i silenzi non vengono più percepiti come vuoti, l’attenzione torna a essere un atto deliberato. Gli organizzatori di The Offline Club parlano di un effetto “afterglow”: una sensazione di chiarezza che persiste per giorni dopo l’evento, simile a quella di una meditazione collettiva.

La disconnessione, quindi, non è un rifiuto del progresso ma la sua evoluzione etica. L’offline non è il contrario dell’online, è la sua pausa necessaria

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