Quando la moda è senza tempo: da Gucci a Chanel, da Ferragamo a Luis Vuitton, 7 oggetti di culto delle Maison, icone immortali di stile.

Da quando, nel settembre del 1958, è stata inaugurata la Fashion Week, Milano è diventata non solo la capitale della moda, ma il luogo dove stile e design s’intrecciano in un confronto stilistico affascinante. Ogni anno, la città lombarda diventa un magnetico punto di incontro, radunando oltre 370,000 personalità – da acclamati stilisti a giovani modelle, da giornalisti ed esperti di moda a puri e semplici amanti del bello.

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18 Settembre, 2023

Contributo realizzato da Ilaria De Togni

Quest’anno, decidendo di spingere la nostra curiosità oltre le luci della passerella, ci siamo diretti a Firenze, cullati dalla promessa di un viaggio immersivo attraverso la storia della moda: “GUCCI VISIONS”. La mostra, inaugurata nel giugno 2023, non è solo una celebrazione di 102 anni di audacia e innovazione della maison, ma serve come lente d’ingrandimento per esaminare la resistenza di certi oggetti di design in un settore noto per la sua effimerità.
Tali creazioni non sono semplici vestiti o accessori; sono emblemi, incarnazioni tangibili della visione e dell’anima di chi li ha concepiti. Ancora oggi, resistono, imperterriti, alle onde mutevoli delle tendenze, e si consolidano come pilastri del gusto e dell’eleganza. E siccome la bellezza risiede nei dettagli, abbiamo raccolto per voi una lista di questi tesori inestimabili. Scopriamola insieme.

La Bamboo Bag di Gucci, 1947

Il mondo della moda ha regalato, nel corso degli anni, autentiche gemme di design e creatività. Eppure, tra tutte le meraviglie sartoriali, poche borse possono vantare la risonanza e la persistente affezione come la Bamboo Bag di Gucci.

Nel 1947, in un’Europa provata dalle ferite del dopoguerra, le materie prime erano un bene prezioso e raro. Di fronte a questa sfida, Guccio Gucci non si è arreso, anzi, ha scelto l’innovazione. La sua risposta fu tanto geniale quanto semplice: il bambù. Un materiale naturalmente robusto, leggero e versatile, che divenne il cuore pulsante di una borsa destinata a divenire icona. Questo non era solo un tributo all’artigianalità, ma una riaffermazione dell’audacia stilistica di Gucci, sempre pronto a rompere schemi e barriere.

Non sorprende che, con l’evoluzione della maison, il bambù sia diventato un leitmotif, presentandosi in svariate forme e interpretazioni, dall’abbigliamento alle calzature, dai gioielli ai dettagli più sottili. Un tributo costante alla capacità visionaria di Gucci di farsi portavoce di una sintesi perfetta tra eredità e innovazione.

E mentre negli archivi di Gucci brillano stelle come l’Horsebit 1955 o la Jackie del 1961, la Bamboo Bag tiene fede al suo status. Non solo come una semplice borsa, ma come simbolo di un’era, un ponte tra un passato artigianale e un presente che guarda con occhi moderni alla bellezza senza tempo.

EDWARD BERTHELOT // GETTY IMAGES

Il profumo Chanel No. 5, 1921

Nell’infinito universo delle fragranze, pochi profumi possono vantare un’eredità così duratura e inconfondibile come Chanel N°5. Lanciato per la prima volta nel lontano 1921, questo profumo è diventato ben più di una semplice fragranza: è un simbolo di eleganza femminile, un pilastro dell’alta profumeria che resiste da oltre un secolo.

Mentre la maggior parte dei profumi dell’epoca erano caratterizzati da singole note floreali, Chanel desiderava qualcosa di diverso che evocasse l’essenza della donna moderna. Affidandosi all’abilità del profumiere Ernest Beaux, Coco è stata introdotta a una serie di campioni, tra cui una composizione rivoluzionaria che univa aldeidi, un composto chimico, con note floreali come il gelsomino di Grasse e la rosa di maggio. La scelta di Coco cadde sul quinto campione presentato, dando vita al nome “N°5”.

Non era solo la formula che rendeva speciale quest’essenza, ma anche il flacone. Decisamente minimalista per l’epoca, il design quadrato con il tappo ottagonale si ispirava all’architettura dei luoghi di culto, simbolo di una preghiera rivolta all’eternità della bellezza.

Oltre alla sua formula originale, c’è una curiosità che ancora affascina: si dice che Marilyn Monroe, in un’intervista, abbia rivelato di indossare per dormire solo “alcune gocce di Chanel N°5”, consolidando ulteriormente il suo status di icona del glamour.

Negli anni, Chanel N°5 ha continuato a evolversi pur mantenendo la sua essenza originale intatta. È stato il primo profumo ad avere una campagna pubblicitaria con un filmato, e nel corso degli anni, star del calibro di Catherine Deneuve, Nicole Kidman e, più recentemente, Marion Cotillard, hanno prestato il loro volto per rappresentare questa leggendaria fragranza.

Ma qual è il segreto della sua immortalità? Forse risiede nell’abilità di catturare l’essenza del tempo e al contempo di trascenderlo. In ogni goccia di Chanel N°5, c’è una storia di audacia, innovazione e un inconfondibile savoir-faire che continua a toccare l’anima di qualunque donna lo indossi. E oggi, a più di un secolo dalla sua nascita, Chanel N°5 non è solo un profumo, ma un vero e proprio inno alla bellezza che, come l’arte, non conosce confini o epoche.

Il Little Black Dress di Chanel, 1926.

Nel variopinto tessuto storico della moda, pochi pezzi hanno resistito alle trasformazioni come il Little Black Dress di Chanel. Questo abito, apparentemente semplice, ha rappresentato un punto di svolta, diventando immutato sinonimo di eleganza, versatilità e raffinatezza.

L’epopea del Little Black Dress prende il via nel 1926, quando la rivista Vogue pubblica uno schizzo di un semplice abito nero, una creazione firmata Chanel. Il magazine lo paragona all’iconica Model T di Ford, l’automobile che rivoluzionò il mercato per la sua semplicità e accessibilità. Con le sue linee essenziali, questo abito rappresentava una vera e propria rivoluzione. Sfuggendo ai canoni tradizionali che vedevano le donne intrappolate in corsetti e ingombranti gonne, Chanel offriva, con il Little Black Dress, una nuova, audace interpretazione della femminilità, all’insegna della libertà e della modernità.

Coco Chanel, con la sua intuizione avanguardista, aveva concepito l’abito come una tela su cui ogni donna avrebbe potuto imprimere la propria personalità, e la sua genialità stava anche nell’aver scelto un colore, il nero, tradizionalmente associato al lutto, e nell’averlo trasformato in un simbolo di eleganza assoluta.

Il successo di questo abito è stato consolidato quando Audrey Hepburn lo ha indossato nel film “Colazione da Tiffany” nel 1961. Disegnato da Hubert de Givenchy ma ispirato al concetto originale di Chanel, l’abito ha incarnato l’essenza di una femminilità sofisticata ma al contempo accessibile a tutte. Infatti, ciò che rende veramente immortale il Little Black Dress è la sua versatilità. Può essere indossato in un’occasione formale o per un appuntamento casual, abbinato a gioielli vistosi o mantenuto nella sua essenza minimalista. È un capo che si adatta, che cresce ed evolve con la donna che lo indossa.

La sua magia risiede anche nei materiali utilizzati. Coco optò per tessuti semplici come la crepe di Chine e il jersey, sottolineando che la vera bellezza non necessita di eccessivi ornamenti, ma di comfort e agilità.

Oggi, quasi un secolo dopo la sua creazione, il Little Black Dress rimane un must del guardaroba femminile. È un tributo all’ingegno di Coco Chanel e alla sua capacità di vedere oltre le convenzioni, riconoscendo che, a volte, la semplicità è la forma più alta di sofisticazione. E nell’oscurità di un abito nero, risplende la luce della femminilità.

Photo by Hulton Archive/Getty Images

La Birkin Bag di Hermès, 1984

Se ci fosse un tempio dedicato alle icone della moda, la Birkin Bag di Hermès avrebbe indubbiamente un posto d’onore sull’altare. Un simbolo di raffinatezza che, nato quasi per caso, è divenuta una delle borse più desiderate e riconoscibili al mondo.

Il racconto prende vita negli anni ’80, quando la celebre attrice e cantante Jane Birkin, durante un volo Parigi-Londra, si ritrovò seduta accanto a Jean-Louis Dumas, all’epoca direttore artistico di Hermès. L’incontro fortuito portò Jane a lamentarsi della difficoltà nel trovare una borsa adeguata alle sue esigenze di madre e artista. Dumas, ispirato, schizzò sul tovagliolo dell’aereo quella che sarebbe diventata la borsa dei sogni per molte donne.

Il design, audace ma funzionale, unito all’eccellente artigianato, trasforma la Birkin in un oggetto di desiderio universale. Realizzata in una varietà di pelli pregiatissime – dal coccodrillo al vitello togo – e rifinita con dettagli in metallo, ogni Birkin richiede circa 48 ore di lavoro manuale da parte degli esperti artigiani della maison.

Ma oltre alla sua bellezza intrinseca, la Birkin ha accumulato nel tempo una serie di curiosità e dettagli che hanno ulteriormente accresciuto il suo mito. Ad esempio, Hermès non ha mai fatto pubblicità per la Birkin, eppure la sua lista d’attesa ha raggiunto, a tratti, anche i sei anni. Le dimensioni della borsa variano dal 25 al 60 cm, ma ogni dimensione ha un nome specifico e una filosofia pratica. La 40 cm, per esempio, è spesso definita la “travel Birkin”, ideale per una breve vacanza.

La Birkin non è solo un accessorio; è un investimento. Nel 2016, una Birkin in coccodrillo con dettagli in diamante ha infranto ogni record, venendo battuta all’asta per oltre $300.000, dimostrando, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la sua importanza nel panorama fashion va ben oltre la semplice funzione di borsa.

Oggi, la Birkin rappresenta un’eredità, una dichiarazione di stile, una storia che, attraversando decenni, non ha mai smesso di affascinare. Si erge come testimonianza immortale dell’arte del lusso e della moda, ribadendo, ogni giorno, la sua posizione sul trono delle grandi icone.

Il Trench Coat di Burberry, 1910

Fra le pieghe della storia della moda, alcune creazioni emergono come monumenti senza tempo, abbracciando generazioni e trasformandosi in simboli. Uno tra questi è il Trench Coat di Burberry, capospalla che ha attraversato oltre cento anni, con la stessa eleganza e importanza con cui è nato.

Le origini del trench risalgono agli albori del 20° secolo. Thomas Burberry, fondatore dell’omonima maison, aveva creato un tessuto rivoluzionario chiamato “gabardine” nel 1879. Impermeabile e traspirante, divenne la risposta perfetta alle necessità degli ufficiali britannici durante la Prima Guerra Mondiale. Fu Burberry stesso, nel 1912, a progettare un capospalla per i militari, che combinava resistenza alle intemperie e uno stile impeccabile. Quel design, con le sue caratteristiche spalline e doppiopetto, divenne il “trench” – un nome derivato dalle trincee dove gli ufficiali lo indossavano.

Tuttavia, la sua evoluzione da indumento militare a icona di stile fu rapida. Negli anni ’20, il trench coat era già diventato un simbolo di raffinatezza e modernità. Personaggi iconici come Audrey Hepburn e Humphrey Bogart l’hanno indossato sul grande schermo, contribuendo a cementare la sua reputazione di capo intramontabile.

Ciò che rende il Trench Coat di Burberry unico non è solo la sua storia, ma anche i dettagli minuziosi: le fibbie in corno, il rivestimento a quadri distintivo e le cuciture raffinate sono solo alcune delle peculiarità che lo distinguono, e ogni Trench Coat di Burberry passa attraverso ben 100 fasi distinte di produzione, molte delle quali svolte a mano da esperti artigiani nella storica fabbrica di Castleford, in Inghilterra.

Oggi, il Trench Coat di Burberry mantiene la sua essenza, pur evolvendosi in nuove interpretazioni e colori. Ogni stagione vede diverse variazioni, ma sempre rispettando le radici storiche che lo hanno reso immortale.

In un mondo dove la moda è in costante evoluzione, il Trench Coat di Burberry rimane un baluardo di eleganza e resistenza. Una dichiarazione senza tempo, un abbraccio tra passato e presente, una promessa per il futuro. Non è solo un capospalla, ma un pezzo di storia che avvolge chi lo indossa.

Le Ballerine Varina di Salvatore Ferragamo, 1950

In un panorama fashion in continuo mutamento, certe icone rimangono intramontabili, radicate nel cuore dell’eleganza. Tra queste, le Ballerine Varina di Salvatore Ferragamo emergono come un’epitome di assoluta versatilità, segnando un’epoca e, contemporaneamente, continuando a essere rilevanti.

Il maestro calzolaio italiano, Salvatore Ferragamo, ha sempre avuto un occhio per l’innovazione e l’arte. Tuttavia, fu negli anni ’50 che decretò la nascita di uno dei suoi più iconici modelli: le Ballerine Varina. Queste scarpe, con il loro fiocco distintivo e la loro forma affusolata, incarnano l’essenza della femminilità e della comodità.

Uno degli aspetti più sorprendenti delle Varina è il loro equilibrio tra funzionalità e stile. Il design ergonomico, una firma di Ferragamo, garantisce comfort durante tutto il giorno, mentre la raffinatezza estetica le rende adatte sia per occasioni formali che per quelle informali.

Un dettaglio che spesso sfugge all’occhio meno attento è l’uso di materiali pregiati. Il cuoio scelto da Ferragamo è lavorato con una cura maniacale, dando vita a una scarpa che non solo appare, ma si sente lussuosa. Non è un caso, infatti, che le Varina abbiano conquistato il cuore di molte donne celebri. Audrey Hepburn, una musa dell’eleganza senza tempo, era spesso vista passeggiare con un paio di Varina, consolidando ulteriormente il loro status di calzatura iconica.

Come tutte le opere d’arte, anche le Varina hanno una storia. Salvatore Ferragamo ha iniziato la sua carriera a Napoli, prima di trasferirsi negli Stati Uniti e, infine, a Firenze. L’influenza di questi luoghi è evidente nelle Varina: l’audacia americana, la passione napoletana e la raffinatezza fiorentina. Nel corso degli anni, le Varina si sono evolute, accogliendo nuovi materiali e colori. Tuttavia, l’essenza rimane la stessa: una scarpa che rappresenta la bellezza atemporale.

La Speedy Bag di Louis Vuitton, 1930

Il viaggio della Speedy Bag inizia nel 1930. Progettata originariamente come “Express” e ispirata ai rapidi cambiamenti dei tempi moderni, la Speedy nasce come risposta alla crescente necessità di una borsa da viaggio leggera e funzionale. E in breve tempo, con le sue linee pulite e la sua forma riconoscibile, diventa un’icona.

Il tessuto in tela Monogram, con i suoi intrecci di fiori e iniziali LV, avvolge la Speedy Bag, rendendola immediatamente riconoscibile. Questa tela, resistente all’acqua, ai graffi e al tempo, rappresenta una vera e propria rivoluzione nel mondo della maroquinerie e diventa, nel corso degli anni, sinonimo del brand Louis Vuitton.

Ma la vera magia della Speedy Bag risiede nei dettagli. La pelle vachetta, che adorna manici e rifiniture, invecchia meravigliosamente con il tempo, trasformando ogni borsa in un pezzo unico, con una propria storia da raccontare. E quale storia potrebbe essere più iconica di quella condivisa con Audrey Hepburn? La leggendaria attrice, innamoratasi della Speedy, ne richiese una versione più piccola, dando vita alla Speedy 25, un modello che ha catturato il cuore di innumerevoli donne nel mondo.

L’evoluzione della Speedy Bag non si è fermata negli anni: varianti in pelle Epi, Damier e colorate hanno arricchito la collezione, permettendo a questa borsa di adattarsi a stili ed esigenze sempre nuovi. Eppure, nonostante le innumerevoli interpretazioni, la Speedy Bag ha mantenuto la sua essenza. Ogni pezzo viene realizzato a mano, seguendo metodi artigianali tramandati di generazione in generazione, nel laboratorio storico di Asnières-sur-Seine, vicino a Parigi.

Questi articoli, più che semplici accessori o vestiti, sono emblemi di un patrimonio culturale e artistico, pilastri immortali in un mondo in continua evoluzione. Sono la dimostrazione che la vera moda, quella autentica e significativa, è veramente senza tempo.

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