Chi sono i Greenfluencer e perché funzionano  

Siamo abituati a pensare al futuro come a una catastrofe in differita. Ma c’è una generazione, armata di followers, che non intende limitarsi a osservare il Titanic che affonda: vuole cambiare rotta, a colpi di like, video e partnership a tema sostenibilità. Chi sono, davvero, i Greenfluencer? E quanto possono realmente rivelarsi utili nella sensibilizzazione collettiva a favore del nostro pianeta?

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22 July, 2025

#oootd: il “vecchio” che vince sul “nuovo” per sostituire il fast fashion

Nel 2019, su Instagram, una giovane donna britannica di nome Venetia La Manna pubblicò una frase tanto semplice quanto rivelatrice:

Ho creato un hashtag chiamato #oootd, che sta per old outfit of the day. Sono un’ex-dipendente dal fast fashion e volevo celebrare i vestiti che già possedevo.

Quella sigla, scritta con tre “O” — e qui sta la differenza fondamentale — non va confusa con il più celebre #ootd (outfit of the day), usato in tutto il mondo per mostrare semplicemente il look del giorno, spesso legato a nuovi acquisti o tendenze moda.

Il #oootd ideato da La Manna è invece un gesto esplicitamente legato alla sostenibilità. Non parla di moda fine a se stessa, ma del piacere e della scelta consapevole di indossare abiti già presenti nell’armadio, contrastando la cultura dell’acquisto compulsivo tipica del fast fashion. È un invito a riutilizzare, a ridurre lo spreco, a trovare stile nell’antico invece che nel nuovo.

Oggi, l’hashtag #oootd conta quasi 83.000 post su Instagram, tutti accomunati da un messaggio preciso: la bellezza non risiede per forza nel possesso di capi nuovi, ma può nascere dai tessuti consumati, dalle cuciture lievemente sfilate, dai ricordi che si intrecciano fra le trame di ciò che già possediamo.

Nel frattempo, Venetia La Manna ha costruito una carriera da attivista digitale, concentrandosi su campagne per i diritti dei lavoratori tessili, sulla denuncia del greenwashing e sulla promozione di uno stile di vita più consapevole. Sul suo profilo compaiono anche partnership commerciali, come quella con brand di elettronica ricondizionata o di skincare zero waste, realtà attentamente selezionate per coerenza con i suoi valori.

Non è una contraddizione, ma la frontiera più sofisticata del mondo digitale: il green influencing, dove l’impegno etico convive con le dinamiche economiche dei social. E Venetia La Manna è solo una delle tante figure che potremmo definire, senza esagerazioni, una nuova attivista digitale, decisa a usare la propria visibilità per orientare il pubblico verso scelte più sostenibili.

I nuovi volti della sostenibilità online

La Manna non è un caso isolato. Accanto a lei, si muove un’intera costellazione di greenfluencer che, con approcci diversi, stanno ridisegnando il modo in cui parliamo di ambiente sui social.

C’è, ad esempio, Immy Lucas, conosciuta su Instagram e YouTube come @sustainably_vegan, pioniera del “Low Impact Movement”, che insegna a ridurre rifiuti, sprechi e impronta ecologica, trasformando gesti quotidiani in piccole rivoluzioni sostenibili.

Kristy Drutman, meglio nota come @browngirl_green, attivista americana, intreccia il tema climatico con la giustizia sociale, dando spazio alle comunità marginalizzate attraverso podcast, interviste e campagne di sensibilizzazione, diventando una voce autorevole nel racconto dell’ecologia intersezionale.

Aditi Mayer, fotografa e giornalista, utilizza il suo profilo @aditimayer per svelare le contraddizioni dell’industria del fast fashion, raccontando storie di slow fashion, artigianato e giustizia sociale, con uno stile che fonde estetica raffinata e attivismo politico.

Isaias Hernandez, conosciuto come @queerbrownvegan, ha fatto della chiarezza comunicativa la sua arma: spiega in modo accessibile concetti complessi come giustizia climatica, veganismo etico e impatti ambientali, con uno stile visivo colorato e diretto che conquista anche chi non si è mai interessato prima di sostenibilità.

Sono figure diverse per linguaggio, cultura e ambiti di intervento, ma accomunate dalla stessa convinzione: che la sostenibilità non sia solo denuncia, ma anche proposta concreta di alternative, e che raccontarla sui social significhi farla entrare nella vita reale di milioni di persone, trasformandola da principio astratto a scelta possibile, giorno dopo giorno.

YouTube e TikTok: le piattaforme dove cresce il green influencing

Oggi parlare di social network significa molto più che evocare piazze virtuali fatte di selfie o svago. Significa entrare in contatto con infrastrutture digitali complesse, dove algoritmi sofisticati osservano, apprendono e modellano gusti, abitudini e priorità.

YouTube è il più imponente di questi universi, con oltre 2 miliardi di utenti loggati ogni mese, ossia più del 30% della popolazione mondiale sopra i tredici anni. TikTok, invece, ha compiuto un balzo sorprendente, divenendo la fonte di notizie in più rapida ascesa nel Regno Unito, secondo dati ufficiali Ofcom, trasformando frammenti di pochi secondi in strumenti di informazione e influenza su scala globale.

Queste piattaforme non sono più soltanto luoghi di intrattenimento: chi governa i flussi di contenuti e soprattutto i codici che li selezionano esercita un potere sottile ma decisivo sulla percezione collettiva. È un potere che stabilisce cosa diventerà moda, indignazione, dibattito politico o impegno concreto.

Proprio in questo spazio sospeso tra comunicazione e suggestione si inseriscono i Greenfluencer, interpreti di una narrazione nuova. Il loro obiettivo è intercettare l’attenzione che scorre incessante fra swipe e tap, per trasformarla in consapevolezza ambientale. Perché oggi, la sostenibilità non si gioca soltanto sui tavoli diplomatici o nei laboratori scientifici, ma anche sui nostri schermi, dove ogni contenuto ha il potere di farci scegliere se restare spettatori o diventare parte della soluzione.

Perché i Greenfluencer “funzionano” davvero: merito anche della Gen Z!

La Generazione Z vive in un mondo in cui il confine tra reale e digitale è sempre più sottile. Trascorre metà delle proprie ore di veglia online, fra scroll senza fine, video lampo e messaggi in sovrapposizione. Non è solo abitudine: è la cifra identitaria di una generazione che si informa, si emoziona e costruisce opinioni attraverso la luce dei propri schermi.

Basta osservare questi numeri per comprendere perché l’IPCC — l’organismo scientifico di massima autorità sui cambiamenti climatici — abbia sancito, nel suo ultimo rapporto, una verità tanto semplice quanto dirompente:

Gli influencer e i leader d’opinione possono aumentare l’adozione di tecnologie, comportamenti e stili di vita a basse emissioni di carbonio.

Quando persino i climatologi più rigorosi riconoscono l’impatto che queste figure esercitano, significa che non siamo davanti a un fenomeno effimero. Siamo di fronte a una leva strategica. Perché la comunicazione digitale, nel bene o nel male, orienta oggi non soltanto gusti o acquisti, ma anche valori, priorità e visioni del domani.

L’Effetto specchio della Sostenibilità

Gli esseri umani possiedono un istinto a imitare ciò che osservano, soprattutto quando proviene da figure percepite come credibili o affascinanti. Non si tratta di debolezza, ma di una forma naturale di apprendimento sociale, una dinamica tanto potente quanto sottovalutata. Basta che un influencer indossi abiti vintage, cucini un piatto vegano o scelga di viaggiare in treno invece che in aereo, perché migliaia, a volte milioni di persone, siano spinte — in modo conscio o anche del tutto spontaneo — a compiere scelte analoghe.

Uno studio pubblicato su ScienceDirect ha dimostrato con chiarezza come la presenza di modelli positivi generi effetti diretti sui comportamenti sostenibili, specialmente in ambiti come la dieta o i consumi energetici. È un fenomeno misurabile: chi osserva comportamenti eco-compatibili tende a riprodurli, percependoli come normali, alla portata, perfino desiderabili.

Così, la sostenibilità cessa di apparire un sacrificio gravoso e diventa invece un gesto quotidiano, replicabile e naturale, parte integrante di uno stile di vita condiviso. È questo il segreto dell’influenza digitale: la capacità di trasformare l’etica in estetica, e di rendere il cambiamento non solo possibile, ma irresistibilmente attraente.

Normalizzare la sostenibilità

Gli esseri umani coltivano un bisogno quasi primordiale di appartenere a un gruppo, anche quando si illudono di essere “spiriti liberi”. È la familiarità a rassicurarci, a renderci complici, a dare forza alle nostre scelte.

Basta una minoranza convinta — tra il 10 e il 30% della popolazione, come indicano studi sociologici recenti — per modificare intere norme sociali.

È qui che gli influencer giocano un ruolo insostituibile: sono in grado di raggiungere, in tempi brevissimi, quella massa critica capace di ribaltare convenzioni e di trasformare comportamenti individuali in nuove normalità collettive. Così il latte d’avena passa da tendenza elitaria a scelta quotidiana, e il fast fashion inizia a evocare un’idea di invecchiamento morale. È questo il potere silenzioso dei Greenfluencer: riscrivere il confine fra ciò che è marginale e ciò che è mainstream.

Smascherare i falsi miti della rete

La rete è un labirinto in cui convivono verità e menzogna. Troppo spesso, informazioni incomplete o stravolte generano convinzioni errate su ciò che è davvero sostenibile. Per esempio, riciclare soltanto non salverà il pianeta. La moda sostenibile non è sempre sinonimo di prezzi proibitivi. Non tutti gli acquisti definiti “green” sono uguali, né per qualità né per impatto reale sull’ambiente. Ed è proprio qui che gli influencer possono diventare preziosi alleati. Grazie alla loro capacità di tradurre contenuti complessi in linguaggi semplici e coinvolgenti, possono sfatare i miti e spiegare, ad esempio, perché il riciclo non è una soluzione universale o come orientarsi fra prodotti davvero eco-compatibili senza spendere una fortuna. Non si tratta solo di correggere errori: si tratta di guidare le persone verso scelte più consapevoli, senza sensi di colpa o allarmismi.

Raccontare la gioia

La sostenibilità, nell’immaginario di molti, è ancora associata a rinunce e privazioni. Un concetto gravato da un’aura di sacrificio che rischia di renderlo respingente. Il vero talento degli influencer, però, sta nella capacità di mostrare l’altro volto di questa sfida: quello gioioso e gratificante. È il piacere di cucinare un curry vegano, il senso di orgoglio che nasce dal raccogliere plastica sulla spiaggia, la leggerezza di chi sceglie il treno al posto dell’aereo e scopre scorci inaspettati del paesaggio. Gli influencer riescono a trasformare gesti apparentemente faticosi in atti di piacere e di autoespressione. In questo senso, la scelta etica smette di essere sacrificio e diventa orgoglio, identità, persino stile. E in un mondo dove nulla è più potente dell’esperienza condivisa, questa è forse la più grande arma della sostenibilità.

Mischiare le carte

Nessuna esistenza umana è fatta di compartimenti stagni. Ognuno di noi è un intreccio di passioni, dubbi, interessi che convivono, si sovrappongono, a volte si contraddicono. Gli influencer lo hanno capito meglio di chiunque altro. E così, sulle loro piattaforme, mescolano tutto: moda, cucina, comicità, riflessioni politiche, vita familiare.

Stacey Solomon, con quasi sei milioni di follower, discute di riciclo e materiali sostenibili mentre mostra come decorare la casa. Aisling Bea (600 mila follower); passa dai video comici a parlare senza mezzi termini di fast fashion e di combustibili fossili. È questa fluidità che consente alla sostenibilità di infiltrarsi in ogni angolo del quotidiano. Non più argomento separato o “da specialisti”, ma parte viva delle conversazioni di tutti i giorni. E così, mentre parliamo di tende color salvia o del look del giorno, ci troviamo, quasi senza accorgercene, a riflettere su scelte etiche.

Vendere soluzioni, non prodotti

Non c’è nulla di banale nell’atto di consumare. Le nostre scelte quotidiane — cosa mangiamo, cosa indossiamo, come viaggiamo — hanno un impatto diretto sul pianeta. L’IPCC ha calcolato che modificare gli stili di vita individuali può contribuire significativamente alla riduzione delle emissioni globali di CO₂. Non sono parole vuote: ogni scelta virtuosa ha il potere di sommarsi ad altre, generando effetti tangibili sulla traiettoria climatica.

E quando un influencer mostra una ricetta vegana, un vestito di seconda mano, un mascara bio o un viaggio in bicicletta, non sta semplicemente pubblicizzando un prodotto. Sta vendendo un frammento di futuro possibile, un’alternativa concreta al sistema attuale. Sta trasformando il concetto di sostenibilità in qualcosa di desiderabile, accessibile e perfino elegante. In questo senso, i Greenfluencer non sono solo testimonial: sono sognatori di nuove visioni.

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