L’AI come nuovo autore invisibile
L’intelligenza artificiale è uno strumento che da anni divide l’opinione pubblica. Per alcuni, è un alleato capace di semplificare la quotidianità; per altri, una scorciatoia pericolosa che rischia di sostituire l’ingegno umano. In ambito musicale, il cambiamento è già iniziato: l’AI non si limita più a suggerire melodie o correggere suoni, ma compone interi album capaci di scalare le classifiche. Chi è davvero l’autore oggi?
Gli strumenti AI che scrivono hit
Negli ultimi anni sono nati e perfezionati diversi programmi che consentono di creare canzoni in pochi step, scegliendo mood e genere musicale:
- AIVA: usato spesso per colonne sonore di spot, film e videogiochi.
- Mubert: genera musica partendo da una descrizione testuale o un’emozione.
- Suno e Udio: i due tool più popolari, capaci di creare canzoni complete grazie all’uso di prompt testuali.
Secondo una recente inchiesta di Bloomberg, le major discografiche Universal, Sony e Warner stanno cercando accordi con Suno e Udio a seguito di una controversia sui diritti d’autore: i due software si sarebbero addestrati su brani coperti da copyright senza autorizzazione.
Il caso Velvet Sundown: la band che forse non esiste
Velvet Sundown è una misteriosa band psyche rock nata intorno al 2025 e diventata virale nel giro di poche settimane. Con oltre 600.000 ascoltatori mensili su Spotify e due album pubblicati in tempi record, il loro successo ha destato sospetti. Nessuna foto ufficiale, nessuna presenza online verificabile, ma soprattutto: una bio su Deezer che ammetteva l’uso dell’AI per alcune tracce.
Deezer, in un report del 2025, ha dichiarato che il 18% delle nuove canzoni caricate sulla piattaforma è generato interamente (o in parte) con l’intelligenza artificiale. Spotify, invece, non obbliga a segnalare l’uso di AI, rendendo più difficile distinguere tra musica umana e artificiale.
Alla fine, Andrew Frelon, pseudonimo del portavoce della band, ha ammesso in un’intervista a Rolling Stone di aver usato Suno per creare i brani, definendo il progetto un “troll sociale” e una strategia di marketing.
Beatles e AI: la nostalgia rinasce digitalmente
I Velvet Sundown non sono stati i primi a usare l’AI in musica. Nel 2023 è uscito “Now and Then”, un brano inedito dei Beatles creato a partire da una demo del 1977 di John Lennon. La voce è stata isolata e ripulita grazie all’intelligenza artificiale, mentre Paul McCartney e Ringo Starr hanno completato la canzone nel 2022.
Il brano ha vinto due Grammy nel 2025. Eppure, lo stesso McCartney ha ammesso alla BBC di essere entusiasta ma anche inquieto: “C’è una parte positiva e negativa nell’utilizzo dell’AI, dobbiamo solo vedere a cosa ci porta.”
Etica musicale: AI, Spotify e industria militare
Il dibattito etico sull’AI si intreccia con quello sull’industria musicale in senso più ampio. Il CEO di Spotify, Daniel Ek, ha investito 600 milioni di euro nella startup militare Helsing, provocando la reazione indignata di molti artisti.
Tra chi ha deciso di rimuovere la propria musica dalla piattaforma troviamo:
- Auroro Borealo, che ha scritto su Instagram: “Quando gli introiti della mia musica vengono impiegati nel mercato delle armi, la questione diventa per me eticamente insostenibile.”
- La Quiete, storica band post-hardcore, che ha preso posizione pubblicamente contro Spotify.
Tuttavia, molti artisti non possono permettersi scelte simili a causa di vincoli con le etichette.
Un barlume umano: Rachel & Poolhouse
In un esempio di creatività condivisa, la producer e creator Rachel Ruff Cuyler ha scoperto su TikTok la canzone “Could Be Love” della band indie rock Poolhouse. Rachel ha riarrangiato il brano pubblicamente, proponendo modifiche in un video virale. La band ha accolto positivamente il feedback e ha deciso di pubblicare una nuova versione del pezzo intitolata “Could Be Love – Rachel’s Version“.
Questa collaborazione è diventata virale non per polemica, ma come esempio concreto di come l’interazione umana e il confronto possano generare nuova arte, qualcosa che l’AI, per quanto potente, non è ancora in grado di replicare.
L’arte ha bisogno dell’umano?
L’intelligenza artificiale ha aperto scenari straordinari, ma anche inquietanti, nella musica. Se da un lato consente nuove forme di espressione, dall’altro mette in discussione concetti fondamentali come la paternità artistica e il valore dell’emozione umana.
La creatività non è solo prodotto, ma anche esperienza, relazione, spontaneità. Ed è proprio questo che la musica, per rimanere tale, non può permettersi di perdere.