Esplorando il Confine tra Intelligenza Artificiale e Umana. Intervista a Fabio Moioli

Fabio Moioli, un nome che ha lasciato un'impronta indelebile nel settore tecnologico come Head Consulting & Services presso Microsoft Europa, ci svela il suo percorso professionale e personale, conducendoci in un'avventura “dalla tecnologia all'umanità”. Oggi, in veste di Executive Search & Leadership Advisor presso Spencer Stuart, con particolare attenzione ai settori della tecnologia, dei media, delle telecomunicazioni e dei servizi, Moioli ci offre una prospettiva unica sulle sfide e le opportunità che l'Era dell'Intelligenza Artificiale (IA) e dell'Intelligenza Umana presentano.

29 Maggio, 2023 - ~ 7 minuti

Ciao Fabio, in primis grazie per condividere con il progetto NOOO Borders la tua visione su un trend topic attuale così importante e complesso, come quello dell’intelligenza artificiale.
Per molti anni sei stato a capo della Consulenza di Microsoft in Italia e successivamente in Europa, lavorando su progetti innovativi per grandi clienti. Ci puoi raccontare di questa esperienza?

La mia esperienza in Microsoft è stata straordinaria. L’azienda è un faro dell’innovazione tecnologica, soprattutto nell’ambito dell’intelligenza artificiale e della realtà aumentata. Microsoft offre soluzioni personalizzate utilizzando tutte le sue tecnologie, compresa l’IA, per soddisfare le esigenze di clienti di vari settori, dalle società di credito all’industria automobilistica. Ho avuto l’opportunità di lavorare su progetti avvincenti con colleghi altamente competenti in un ambiente aziendale molto collaborativo, orientato al feedback e all’aiuto reciproco. La cultura aziendale favorisce infatti la collaborazione come motore dell’innovazione, portando a risultati straordinari. 

È interessante sentire il tuo entusiasmo per il lavoro svolto in Microsoft. Ma perché hai deciso di lasciare un’azienda così stimolante?

Lasciare Microsoft nel 2022 è stata una scelta complessa, guidata dalla mia profonda passione per le competenze umane. Ogni volta che mi sono presentato come oratore agli eventi, in diverse città d’Europa, al di là dei titoli aziendali e accademici mi sono sempre definito prima di tutto un appassionato di intelligenza artificiale, e ancor di più di intelligenza umana. Infatti, pur avendo trascorso gran parte della mia vita lavorando nel settore tecnologico, con due lauree in ingegneria (informatica e delle telecomunicazioni N.d.R.), ho sempre coltivato una grande passione per la psicologia. Nel tempo libero ho letto montagne di libri sull’argomento, ma anche di filosofia e antropologia, e in diverse fasi della mia carriera ho considerato l’idea di intraprendere un percorso nell’ambito umanistico, nutrendo la mia passione per l’aspetto umano della conoscenza.

Oggi lavori per Spencer Stuart, un’azienda che si occupa della selezione delle persone coinvolte nell’utilizzo di tecnologie innovative, in veste di Executive Search & Leadership Advisor. Puoi raccontarci il motivo di questa scelta?

È stata una scelta paradossale, perché proprio quando l’attenzione di tutti si stava concentrando sull’Intelligenza Artificiale, ho deciso di abbandonare il lavoro su di essa. A ottobre, ho iniziato a concentrarmi sulla selezione dei leader umani che utilizzano queste tecnologie o che guidano le aziende che le impiegano. È stato un momento in cui ho sentito l’esigenza di dedicarmi alla parte umana del mio lavoro, di focalizzarmi sulle persone e sulla loro capacità di trasformare il business utilizzando le tecnologie che avevo contribuito a sviluppare personalmente.

Quale differenza sostanziale vedi tra l’intelligenza umana e quella artificiale?

L’essere umano e l’IA sono due forme di intelligenza completamente diverse. Mentre l’essere umano possiede emozioni, autocoscienza e una gamma di caratteristiche che ci definiscono come esseri umani, l’IA è una simulazione basata su algoritmi che possono imitare alcuni di questi aspetti. Utilizza algoritmi per riprodurre empatia, sofferenza e altre caratteristiche umane, ma non possiede una reale esperienza o consapevolezza. L’essere umano ragiona “dall’alto al basso”, formulando ipotesi e verificandole, basandosi su una comprensione della causalità degli eventi sulla base di un’esperienza anche emotiva. L’IA, al contrario, lavora principalmente da un punto di vista statistico e matematico, trovando correlazioni tra dati accessibili. L’IA può generare testi perfetti, per esempio, ma manca della comprensione profonda del significato e del contesto emotivo più ampio della realtà, per poter generare un’opera letteraria.

Queste differenze sollevano questioni complesse sulle capacità e le limitazioni dell’IA. Puoi fornire un esempio che metta in luce i limiti legati all’uso di questi algoritmi?

Certo, ecco un esempio pratico. Immagina di parlare con un assistente vocale intelligente, come Alexa, Google Assistant o Siri, e di porre una domanda come “C’è un buon film da vedere stasera?” Un assistente AI può suggerirti i film più votati in onda stasera sulla base dei dati disponibili, o potrebbe consigliarti un film basato sui tuoi gusti precedenti se ha accesso a tale informazione. Tuttavia, ciò che l’AI non può fare è capire il sottotesto o il contesto dietro la tua domanda. Ad esempio, se hai avuto una giornata stressante e desideri un film leggero e divertente per rilassarti, l’AI non ha modo di saperlo a meno che tu non glielo specifichi esplicitamente. Al contrario, un amico umano potrebbe capire dalle tue interazioni precedenti o dal tono della tua voce che tipo di film stai cercando. Inoltre, anche se tu dicessi all’AI che hai avuto una giornata stressante, non avrebbe la capacità di empatizzare con te. Può rispondere in modo predefinito con un messaggio di supporto o di conforto, ma non può realmente comprendere o sentire l’esperienza umana dello stress. Questo esempio illustra il fatto che l’AI, nonostante i suoi progressi, ha ancora difficoltà a gestire il contesto, l’empatia e le sfumature delle interazioni umane.

Quindi gli algoritmi di IA sono bravi a trovare collegamenti, ma ciò che ci distingue come esseri umani è la nostra capacità di comprendere la realtà nella sua soggettività “umana”. È corretto?

Esattamente. Gli algoritmi di IA sono estremamente abili nel trovare collegamenti e correlazioni nei dati, ma noi esseri umani siamo eccezionali nel comprendere la realtà in tutte le sue sfumature. Creiamo modelli di realtà che semplifichiamo, mentre gli algoritmi sono essenzialmente una forza matematica di elaborazione temporale che genera una comprensione univoca della realtà.

Esistono delle somiglianze tra l’intelligenza umana e quella artificiale?

Sì, ci sono alcune somiglianze. Entrambe, l’intelligenza umana e quella artificiale, sono basate sull’apprendimento. L’IA prende il nome proprio da questa caratteristica, poiché impara e apprende come fa l’intelligenza umana. Inoltre, entrambe hanno il problem solving come abilità, anche se l’IA lo fa da un punto di vista statistico e computazionale generale, mentre noi esseri umani creiamo modelli personali. Abbiamo in comune anche la capacità di generare testo, quindi di comunicazione, e soprattutto l’adattabilità, ossia la capacità di modificare il nostro comportamento in base all’ambiente circostante.

Qual è la caratteristica che manca alle intelligenze artificiali rispetto alle intelligenze umane?

Ciò che manca alle intelligenze artificiali è tutto ciò che ci rende unici. Ogni essere umano è diverso dagli altri a causa della genetica e dell’esperienza che vive. Al contrario, l’algoritmo è uguale per tutti nel mondo. Noi esseri umani abbiamo un’unicità intrinseca che l’IA non possiede.

Nel campo dell’Intelligenza Artificiale, si parla spesso delle sue potenzialità e delle sfide che comporta. Secondo te, come potrebbe evolversi l’IA nel corso dei prossimi cento anni?

È davvero difficile fare previsioni precise sul futuro dell’IA, ma è innegabile che si tratti di una tecnologia potentissima e che siamo ancora solo all’inizio del suo sviluppo. L’IA porrà sicuramente delle sfide nel reinventare lavori e creare nuove dinamiche sociali, ma potrebbe anche essere un’alleata preziosa per affrontare i cambiamenti climatici, sviluppare soluzioni energetiche sostenibili e migliorare la vita delle persone curando malattie. Le potenzialità sono stupefacenti, ma spetta a noi realizzarle nel modo giusto. È importante però che ci si preoccupi ora dei rischi associati all’IA, poiché solo ragionandoci in questa fase embrionale possiamo prevedere e mitigare tutti i possibili rischi.

Hai sempre lavorato in aziende di rilievo come Microsoft ed Ericsson, evidenziando costantemente l’importanza della dimensione umana del business. L’esperienza con questi team ha influenzato la tua visione delle relazioni umane nel contesto aziendale, rispetto all’uso delle tecnologie?

Ho sempre avuto un forte legame con le persone con cui ho collaborato. Preferisco lavorare in team e gestire grandi gruppi di persone. La dimensione umana del business mi affascina e mi piace inventare soluzioni con il mio team e i clienti. Nel mio lavoro attuale, mi occupo di suggerire importanti cambi di carriera e garantire che una persona trovi il ruolo più adatto all’interno di una nuova realtà aziendale. L’aspetto umano è fondamentale per questa precisa responsabilità e mi permette di avere conversazioni profonde con le persone, parlando dei loro sogni, desideri e preoccupazioni. L’IA può facilitare la selezione dei candidati, ma non può sostituire questo: il ruolo umano nell’empatia e nella comprensione dell’animo umano. La sfida, nel mio lavoro di selezione, è trovare la persona migliore per un’azienda, un ruolo, e una cultura aziendale specifica. La componente umana, come valori, cultura e atteggiamento, è cruciale in questo processo e richiede anche un’intelligenza umana ed emotiva.

Considerando il rapido sviluppo dell’IA e l’automazione delle attività, qual è la sfida principale per assicurarsi che queste tecnologie non diventino un ostacolo per il lavoro umano?

Più che nel lavoro in sé, la vera sfida sta principalmente nel garantire che queste tecnologie non diventino un ostacolo nell’apprendimento delle competenze necessarie alle professioni. È infatti importante comprendere che, per raggiungere un alto livello di professionalità, in qualunque ambito è necessario attraversare un percorso di apprendimento e acquisire esperienza nel campo. C’è il rischio che le tecnologie ci impediscano di svolgere le attività di base che consentono ai giovani professionisti di apprendere una professione in modo approfondito, eliminando quindi la necessaria “gavetta”. Pertanto, è fondamentale continuare a investire nelle competenze e nello sviluppo delle persone, e non concentrarsi esclusivamente sulle tecnologie. Questo aspetto rientra nel quadro più ampio delle preoccupazioni che dobbiamo affrontare.

Quali sono, secondo te, le sfide sociali che dovremo affrontare dopo l’avvento dell’IA?

Ci sono diverse sfide sociali che affronteremo in relazione all’adozione delle tecnologie come l’IA. Una di queste sfide riguarda la distribuzione della ricchezza, poiché potrebbe verificarsi una divisione sociale tra coloro che sanno utilizzare queste tecnologie e coloro che non ne hanno le competenze. È importante garantire che l’intelligenza umana rimanga sempre al centro, sia nella distribuzione delle risorse che nelle decisioni cruciali, come la scelta di concedere o meno un mutuo a una famiglia, o decidere chi assumere in un’azienda. Dobbiamo assicurarci che la decisione finale rimanga nelle mani degli esseri umani e che l’IA sia uno strumento di supporto e ausilio, ma che non sostituisca la nostra capacità di prendere decisioni basate su valori e criteri umani.

Qual è secondo te la principale dimensione umana che l’IA non può sostituire?

L’umanità ha una propensione innata a mettersi alla prova e ad affrontare sfide. Se c’è una dimensione umana che l’IA non può veramente comprendere, è quella di voler superare se stessi e migliorarsi costantemente. Sebbene le macchine possano superarci in determinate capacità, come per esempio il gioco degli scacchi, noi continueremo sempre a giocare a scacchi, con tutti i nostri affascinanti limiti. C’è una passione e una volontà di miglioramento che caratterizzano l’essere umano e che sono al di là delle capacità delle macchine.

Grazie, Fabio, per le tue interessanti risposte sulle differenze tra intelligenza artificiale e umana.

Grazie a voi per l’opportunità di discutere di questo argomento affascinante. Sono lieto di condividere le mie conoscenze e opinioni sull’integrazione uomo-macchina e sulle sfide che ne derivano.

Vi presentiamo Fabio Moioli

FABIO MOIOLI

Fabio Moioli è un appassionato di intelligenza artificiale e ancor di più uno studioso di talenti e intelligenze umane. Nel corso della sua carriera, ha combinato diversi ruoli e incarichi di leadership in aziende tecnologiche leader, lavorando principalmente su progetti di intelligenza artificiale, con una passione per le scienze cognitive, in particolare su come i leader dovrebbero evolvere le proprie competenze e il pool di talenti delle organizzazioni che guidano.

Con una laurea in Ingegneria Informatica al Politecnico di Milano e un M.Sc. in Ingegneria delle telecomunicazioni presso il Royal Institute of Technology di Stoccolma, Fabio è oggi consulente in Technology, Media, Telecommunications & Services Practice di Spencer Stuart, dove porta una vasta esperienza nell’intelligenza artificiale e nel settore tecnologico globale. Nel suo ruolo, fornisce consulenza ai clienti sulle implicazioni di leadership delle nuove tecnologie, aiutando le organizzazioni a trovare nuovi leader in grado di guidare le trasformazioni aziendali e tecnologiche.

All’inizio della sua carriera, è stato responsabile dei progetti eseguiti da Microsoft e dai suoi partner per 14 diversi paesi dell’Europa occidentale, essendo stato in precedenza Head of Consulting & Services presso Microsoft, dove ha guidato una trasformazione focalizzata su Intelligenza Artificiale e Cloud Computing e dove con il suo team ha vinto per diversi anni l’EMEA Award for Digital Transformation.

Prima di Microsoft, è stato Vicepresidente di Capgemini, dove ha fatto parte del team “Global Experts” per Internet of Things e AI, precedentemente Associate presso McKinsey, lavorando su gestione e operazioni del cambiamento, e ricercatore su sistemi di telecomunicazioni avanzati presso Ericsson. Ha lavorato per diversi anni negli Stati Uniti, Canada, Scandinavia, Nord e Centro Europa, operando in 16 diversi mercati europei.

È docente esteso per Singularity University, Harvard Business Review, ilSole24Ore, Luiss, Università Statale di Milano (direttore del corso di AI e Scienze Cognitive), nonché per la POLIMI Graduate School of Management (MIP Politecnico di Milano) dove, oltre ad essere docente in diversi corsi, tra cui l’Executive MBA, è Direttore del corso OCP in Intelligenza Artificiale.

Inoltre, è un membro ufficiale di: Forbes Technology Council mondiale, Italia4Blockchain Board, ANGI Scientific Executive Committee, ELIS Fellow, JA Tech. consiglio di amministrazione, così come diversi altri comitati scientifici e di innovazione. Infine, è membro di Mensa International e di diverse organizzazioni che studiano l’intelligenza e lo sviluppo del talento, di cui è anche fortemente appassionato nello sport, avendo partecipato personalmente a diverse maratone ed eventi di resistenza.

Partecipa di frequente a conferenze internazionali e TEDx, ama scrivere articoli sulle opportunità e sulle sfide create dall’intelligenza artificiale e dalle tecnologie esponenziali, comprese le loro implicazioni etiche. Con oltre 300.000 follower su LinkedIn e Twitter, alcuni dei suoi post sono visti da milioni di persone. A volte viene indicato da riviste e organismi internazionali come uno dei principali “esperti” mondiali di Intelligenza Artificiale, basti vedere il suo profilo LinkedIn per menzioni, premi e pubblicazioni selezionate.

Twitter: @fabiomoioli
Linkedin: https://it.linkedin.com/in/fabiomoioli