Cosa sono le conversioni avanzate e come implementarle

Le conversioni avanzate - dette anche enhanced conversions - inviano, insieme con l’evento di conversione, alcuni dati personali dell’utente che ha eseguito la conversione leggendoli in genere dal form di conversione. Ad esempio, i dati per finalizzare un acquisto, le informazioni in un form di contatto, o anche solo l’email in un form di registrazione a una newsletter.

15 Settembre, 2024 - ~ 3 minuti

Cosa sono le conversioni avanzate e come implementarle


Questo tipo di arricchimento del dato è implementabile sia nei tag Google (GA4 e Google Ads) sia nelle maggiori piattaforme pubblicitarie (Facebook, TikTok e altre).

La piattaforma che riceve l’evento arricchito legge questi dati e li confronta con i dati degli utenti iscritti in piattaforma: se trova un match, può riconciliare l’utente della conversione con l’account associato.

Questo permette di avere una migliore attribuzione delle campagne: la piattaforma  potrà risalire all’adv vista/cliccata da quell’utente che poi ha eseguito la conversione (in teoria, però, solo se l’utente ha accettato i cookie di marketing).

Come si implementano le conversioni avanzate?

Nel codice che invia gli eventi di tracciamento (a GA4 o ai pixel pubblicitari) è possibile inserire una serie di variabili che mappino uno o più dati dell’utente, in particolare l’email (unico campo univoco e quindi il più prezioso per risalire e un utente preciso), ma anche nome, cognome, indirizzo, telefono, data di nascita.

I valori sono in genere letti in quegli eventi che prevedono una registrazione, un login o un acquisto o sottoscrizione di un servizio. Quando l’utente fornisce i suoi dati, deve accettare le condizioni e la privacy policy del sito, che devono includere la condivisione dei dati a piattaforme terze per finalità di marketing e profilazione (per le implicazioni legali è sempre d’obbligo consultare il proprio DPO e valutare insieme cosa inserire nella privacy policy del sito per rispettare il GDPR e le scelte dei propri utenti).

I dati sono inseriti in appositi campi nei tag di tracciamento. Questi campi non sono passati in chiaro alle piattaforme, ma prima di essere inviati sono “hashati” con algoritmo SHA-256, un sistema di crittografia unidirezionale. I dati sono dunque pseudonimizzati (la stringa in hash di un certo valore di partenza, ad esempio una email, sarà sempre la stessa).

La piattaforma reperisce la stringa hashata e la confronta con i dati già in suo possesso degli utenti iscritti in piattaforma, anch’essi sottoposti ad hashing: se trova una corrispondenza, allora riesce a risalire all’utente che ha fatto quella conversione sul sito. Se non trova corrispondenza, i dati inviati dal pixel sono cancellati immediatamente.

Come la mettiamo con la privacy?

La pratica delle conversioni avanzate invia dati personali a piattaforme terze per profilazione e misurazione pubblicitaria. E sì, anche un dato pseudonimizzato (hashato) è pur sempre un dato personale.

Come richiesto dal GDPR, questo è del tutto lecito se l’utente è stato informato e ha donato il suo consenso. All’atto della conversione (acquisto, registrazione, ecc) l’utente deve dunque accettare la policy di utilizzo dei dati, che deve riportare la condivisione con terzi e la profilazione pubblicitaria, altrimenti l’invio dei dati delle conversioni avanzate non è compatibile con il GDPR.

Il consenso informato è ancora più importante con la diffusione del tracciamento server side, spesso implementato con plugin standardizzati che, se non ben configurati, rischiano di inviare più informazioni del dovuto alle piattaforme.


È davvero necessario implementare le conversioni avanzate?

Più dati inviamo alle piattaforme pubblicitarie, migliori saranno i dati su cui fare analisi, profilazione e ottimizzazione e quindi potremo prendere decisioni più informate per le attività di advertising. Inoltre, viste le limitazioni che negli ultimi anni sono state introdotte da sistemi operativi (in particolare iOS) e browser (Safari, Firefox ma anche Chrome) le conversioni avanzate, insieme con il tracciamento server side, permettono di tracciare eventi altrimenti bloccati alla fonte.

Ma quanto si guadagna effettivamente? Difficile dirlo, dipende dalla industry, dal volume di conversioni nel tempo, da molti altri fattori. Di sicuro l’impatto è positivo, quindi è consigliabile valutarne l’implementazione, ma molto probabilmente il miglioramento delle misurazioni è contenuto (soprattutto se implementate nel pieno rispetto della privacy, come dovrebbe essere).

Parallelamente, è bene predisporre l’analisi delle conversioni incrociando i dati da backend con i numeri delle piattaforme pubblicitarie, in maniera del tutto statistica e rispettosa della privacy, per cercare pattern e insight che informino le strategie di marketing.


Le conversioni offline

Lo stesso procedimento (invio di dati personali criptati) è utilizzato in un altro processo forse ancora più potente delle conversioni avanzate: si tratta delle conversioni offline.

Infatti, per chi opera anche offline (negozi fisici, raccolta di lead o anche banalmente passaggi in negozio/showroom), riconciliare le conversioni fisiche con le attività digitali è particolarmente interessante. Per farlo, è possibile caricare i dati delle conversioni offline nelle piattaforme pubblicitarie e, con lo stesso procedimento delle conversioni avanzate, risalire a quegli utenti che hanno convertito in negozio dopo interazioni con contenuti pubblicitari online.

Per fare questo, ovviamente, sono necessari i dati personali degli utenti che hanno convertito: ecco che ci vengono in aiuto i programmi fedeltà (chi compra utilizzando un codice cliente ci permette di conoscere chi ha fatto quell’acquisto), ma anche le app con le funzioni di check-in in store (magari inserite in un più ampio progetto di gamification) o le registrazioni del prodotto appena acquistato sul sito del produttore.

Anche in questo caso, ovviamente, vanno rispettate le scelte di privacy degli utenti, che devono essere informati sull’utilizzo dei loro dati e devono poter accettare o rifiutare la modalità di trattamento (e se per l’online basta la spunta a una checkbox, per una situazione fisica potrebbe non essere così semplice).


È dunque interessante e utile implementare le conversioni avanzate e offline, ma è doveroso verificare preventivamente che gli utenti siano informati di questa pratica e la accettino. E ciò è ancora più importante quando di mezzo ci sono plugin ed estensioni che, per quanto comodi, spesso muovono dati “dietro le quinte” aspettandosi che tutti i check preliminari siano stati fatti preventivamente alla configurazione di questi servizi: l’internet “no-code” offre grandi opportunità e vantaggi, ma soprattutto quando si parla di dati personali è consigliabile (anzi, è previsto espressamente dalla normativa!) avere il pieno controllo.

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